ANTICHI METODI

Facciamo ora un rapido cenno agli antichi sistemi utilizzati dall’uomo per fare il sapone, anche allo scopo di metterne in luce le principali differenze rispetto ai metodi ad impasto (a freddo o a caldo) descritti nel sito.

Il sapone sicuramente non fu inventato dall’uomo bensì fu scoperto. E’ molto probabile infatti che il sapone si sia formato naturalmente nelle ceneri dei fuochi utilizzati dall’uomo per cuocere le carni degli animali: la pioggia avrà sciolto gli ossidi di sodio e potassio presenti nelle ceneri ancora calde mettendo in contatto queste soluzioni caustiche con i grassi animali gocciolati al suolo con la cottura, producendo per via naturale piccole quantità di sapone.
L’uomo avrà osservato che queste sostanze sconosciute, trovate tra le ceneri del fuoco, avevano uno strano potere: quello di sciogliere lo sporco con l’acqua, ed in questo modo egli, acuto osservatore, deve aver concepito il modo di riprodurre questo processo realizzatosi spontaneamente.
Quindi sicuramente i primi saponi sono stati prodotti utilizzando cenere di legna come fonte di alcali. Solo successivamente si è fatto ricorso alla soda, dapprima sotto forma di carbonato sodico e poi sotto forma del più potente idrossido di sodio per saponificare i grassi, animali e vegetali, in genere grassi di scarto.

LA LEVATA SU LISCIVIA
Tralasciamo il metodo di saponificazione con la cenere di legna di difficile attuazione e poniamo invece la nostra attenzione al cosiddetto sistema della “levata su liscivia”, che è stato a lungo utilizzato, soprattutto in campagna, negli ultimi cento anni, per fare il sapone.

La prima differenza rispetto ai nostri sistemi, cosiddetti “ad impasto”, è nel quantitativo di soda utilizzato: noi usiamo infatti i valori dell’indice di saponificazione per ogni olio/grasso, con tutte le approssimazioni che abbiamo visto, ma con una sufficiente attendibilità.
Coloro invece che hanno utilizzato od utilizzano ancora il sistema della levata su liscivia sono partiti da quantità di soda in forte eccesso rispetto a qualsiasi oli/grasso da saponificare, in pratica una quantità di soda circa doppia rispetto ai normali indici di saponificazione.
Una ricetta tipo per l’olio d’oliva potrebbe essere: olio 1 Kg, soda 250 gr, acqua 2 litri. Si procede a sciogliere la soda nell’acqua, si versa la soluzione nella pentola contenente l’olio e si porta il tutto all’ebollizione lenta rimestando continuamente.
La soda in eccesso saponifica a poco a poco tutti i grassi disponibili, producendo sapone (sali degli acidi grassi) e glicerina. La reazione é molto lenta e richiede diverse ore non tanto per motivi cinetici, data l’elevata temperatura, bensì per il fatto che la miscelazione non produce un contatto intimo tra soda e trigliceridi.
Il sapone prodottosi “leva”, cioè galleggia nella parte alta del pentolone, mentre in basso rimane l’acqua non evaporata, la soda in eccesso e la glicerina prodottasi, molto solubile in acqua. Il sapone invece incorpora acqua e soda non reagita.

la levata su lisciviaEsso viene separato dal liquido sottostante con una schiumarola e lavato in un altro recipiente in più tornate successive, con soluzioni di acqua e sale, tenute molto calde mediante somministrazione di calore, in modo da cercare di estrarre quasi completamente la soda non reagita dal sapone.
Alla fine il sapone lavato viene messo a sgocciolare ed asciugare e quindi tagliato in pezzi per essere essiccato compiutamente. Il sapone così prodotto può essere utilizzato da subito e si conserva per diversi anni senza problemi.
Ovviamente si tratta di un sapone piuttosto “sgarbato”, utilizzabile prevalentemente per lavare i panni, ma anche per la pulizia del corpo, come ci hanno raccontato i nostri nonni.
La glicerina prodotta come detto rimane quasi tutta in soluzione nell’acqua, assieme alla soda in eccesso e deve essere gettata nello scarico.
I grassi utilizzati per fare questo tipo di sapone sono stati in genere scarti o prodotti di rifiuto: fondi di serbatoi di olio vecchio, grassi animali recuperati dopo le macellazioni, oli utilizzati per friggere.
Da questo punto di vista questa tecnica, se da un lato non permette di produrre un prodotto di qualità, sicuramente è ottimale dal punto di vista del recupero di tali grassi, consentendo un recupero di sostanze che andrebbero altrimenti buttate via e limitando così l’impatto ambientale.
Il nome “levata su liscivia” è legato appunto al fatto che il sapone “leva”, cioè galleggia su una liscivia, cioè una soluzione acquosa di un alcali.
Le differenze principali quindi tra questo sapone e quelli prodotti con i sistemi ad impasto sono:
• pH elevato;
• mancanza di glicerina inglobata nel sapone;
• presenza di tracce residue di soda non reagita nel sapone;
• assenza nel sapone di grassi non reagiti.

IL SAPONE DI ALEPPO
A proposito di antichi saponi vale la pena di spendere due parole sul più famoso sapone nella storia: il sapone di Aleppo, fatto con una miscela di olio d’oliva ed olio di alloro, con percentuali di quest’ultimo variabili dal 10 al 50%.
Questo sapone veniva naturalmente colorato di verde per via dei pigmenti contenuti nell’olio di alloro i quali, a seguito dell’ossidazione con l’aria durante la lunga stagionatura (9 mesi circa), viravano in un verde-rossiccio caratteristico.
Una delle ragioni della fama di tale sapone, al quale si sono attribuite proprietà miracolose, peraltro tutte da dimostrare, è sicuramente nella presenza, nell’olio di alloro, di un 12% circa di acido laurico, acido grasso che abbiamo visto essere presente in pochissimi oli vegetali.
Si formava quindi in questo sapone una piccola percentuale di miscela eutettica che gli conferiva proprietà di solubilità, schiumosità e cremosità decisamente maggiori che nel semplice sapone di solo olio d’oliva. Prima quindi dell’avvento del cocco nel mondo del sapone il sapone di Aleppo era semplicemente il sapone che faceva più schiuma di tutti gli altri.