IRRANCIDIMENTO DEL SAPONE

Il problema più grosso cui può andare incontro un produttore artigianale di sapone è l’irrancidimento, sia dell’olio non reagito che resta nel sapone sotto forma di trigliceridi o di acidi grassi liberi, sia dei sali di sapone formatisi.

Questo fenomeno, che può colpire in diversi modi e dopo un tempo variabile, può essere più o meno grave, dall’irrancidimento superficiale del sapone sino alle temute macchie arancioni, battezzate con l’acronimo D.O.S. (dall’inglese dreaded orange spots che vuol dire appunto temute macchie arancioni).

In genere, quando l’irrancidimento inizia (dopo 3 – 4 settimane dalla preparazione) il profumo degli oli essenziali svanisce rapidamente e si trasforma in uno sgradevole odore rancido. Il sapone inizia a trasudare olio in superficie e nei casi più gravi compaiono delle aree giallo arancioni. Naturalmente, se il sapone non è stato colorato, il colore del sapone vira verso il giallino, segno sicuro di irrancidimento avanzato.

Quando sul sapone, ed al suo interno, compaiono le piccole macchie arancioni, cedevoli al tatto, ciò è il segno di un processo grave di irrancidimento che colpisce anche i sali di sapone, rendendolo praticamente inservibile.

Se invece il fenomeno è lieve e superficiale esso riguarda solo gli acidi grassi liberi presenti nel sapone ed in genere si attenua dopo qualche giorno di utilizzo del sapone. Comunque il fatto è sgradevole e quindi è necessario mettere in atto opportune strategie per prevenirlo.

La prevenzione è fondamentale, ma a volte non basta. Quelli che sostengono di non aver mai avuto un problema di irrancidimento non dicono il vero. Così come coloro che sostengono che l’irrancidimento dipenda da errori di formulazione o comunque da errori nostri vogliono solo dimostrare che il sapone naturale è indenne da questo problema. Ma non è così: l’irrancidimento capita eccome. Vediamo quindi di capirne le cause e cercare di studiare strategie per prevenirlo.

Dove inizia il processo di irrancidimento, e da cosa è favorito? Il punto di attacco è un atomo di carbonio chiamato allilico, cioè un atomo di carbonio immediatamente collegato, prima o dopo, ad un atomo di carbonio che presenta un doppio legame che lo unisce ad un altro atomo. Nella catena degli acidi grassi saturi c’è un solo doppio legame, che lega l’atomo di carbonio all’ossigeno del gruppo acido in testa alla molecola.

Quindi in tale catena satura c’è una sola possibilità di attacco e di inizio del complesso sistema delle reazioni di irrancidimento. Per questo motivo i grassi saturi durano più a lungo senza irrancidire.

In un acido grasso monoinsaturo invece oltre all’atomo di carbonio allilico in testa alla molecola ci sono altri due atomi di carbonio, rispettivamente prima e dopo quello che presenta il doppio legame (nei monoinsaturi infatti c’è un solo doppio legame all’interno della catena): quindi le possibilità di attacco ed inizio della reazione di irrancidimento sono ben tre. I grassi monoinsaturi quindi hanno una probabilità tripla, rispetto a quelli saturi, di irrancidire.

I grassi polinsaturi invece possono avere due o tre doppi legami dentro la catena (due nel linoleico e tre nel linolenico).

Il linoleico avrà quindi complessivamente 4 atomi di carbonio allilici mentre il linolenico ne avrà ben 5, cioè essi avranno una probabilità di irrancidire da 4 a 5 volte maggiore degli acidi grassi saturi.

Esaminiamo ora cosa favorisce l’inizio della reazione di irrancidimento: in primo luogo la temperatura; più elevata è la temperatura e minore è l’energia occorrente per l’inizio dell’irrancidimento, cioè più facilmente esso si attiva. La luce, in particolare le sue radiazioni ultraviolette, esercitano un’azione favorente, molto simile a quella della temperatura elevata.

Il contatto con l’aria favorisce l’irrancidimento dato che la reazione di attacco è una ossidazione, causata dall’ossigeno presente nell’aria.

Alcuni ioni, come quello di calcio Ca+, di ferro Fe+, e di rame Cu+, catalizzano (cioè facilitano) le reazioni di irrancidimento quando riescono ad entrare in contatto con gli acidi grassi.

Quindi la prevenzione contro l’irrancidimento dovrà consistere nel limitare il numero di doppi legami dentro un sapone, usando piccole quantità di grassi insaturi o polinsaturi, tenere gli oli (ed anche i saponi) sempre al fresco ed al buio, in contenitori ben chiusi, ed usare per fare il sapone acqua demineralizzata. Purtroppo, come abbiamo visto, la soda contiene una piccola percentuale di sali di ferro, calcio e rame solubili, che generano ioni in soluzione e catalizzano quindi l’irrancidimento.

La soda pertanto è spesso il cavallo di troia attraverso il quale questo fenomeno ha inizio.

Anche l’umidità eccessiva favorisce l’irrancidimento e quindi è opportuno conservare oli e saponi in un luogo che sia anche asciutto il più possibile.

Per concludere questo argomento dobbiamo citare ancora due aspetti: gli oli essenziali ed i conservanti.

I primi possono dare un notevole contributo a favorire l’irrancidimento. Infatti al loro interno gli oli essenziali possiedono numerosi doppi legami e quindi si prestano ad essere degli iniziatori: quindi è bene usare oli essenziali il più possibile freschi ed all’interno della data di scadenza che è bene sia sempre indicata nella loro confezione. In particolare gli oli agrumari, estratti dalla buccia degli agrumi, si deteriorano più facilmente degli altri, e vanno consumati nel giro di sei mesi una volta che la loro confezione sia stata aperta.

I conservanti invece sono di due tipi: gli antiossidanti ed i chelanti, chiamati anche sequestranti.

Gli antiossidanti combattono l’ossidazione, legandosi ai radicali liberi, primo anello della catena delle reazioni di irrancidimento ed impedendone la propagazione. Il più efficace degli antiossidanti naturali è l’oleoresina di rosmarino, estratta appunto dalle piante di rosmarino, in particolare dal legno.

L’agente attivo contro l’ossidazione è l’acido rosmarinico (è bene quindi controllare che esso sia presente nell’oleoresina), mentre meno efficace è invece l’acido carnosico. L’oleoresina si usa nel quantitativo di 1 grammo per ogni chilo di oli/grassi mescolata agli stessi. Per inciso l’oleoresina di rosmarino colora il sapone scurendolo.

L’antiossidante sintetico più efficace è invece il BHT  nella misura di 1 g per kg di oli, aggiunto a questi ultimi. Il BHT comunque è una di quelle sostanze pericolose per la vita dei pesci, oltre che essere molto discussa circa la salute dell’uomo, e quindi è bene evitare di introdurla nel sapone.

La vitamina E, naturalmente contenuta in alcuni oli di semi è un potente antiossidante ed aiuta questi oli a durare più a lungo, ma aggiunta nel sapone non ha alcun effetto in quanto viene distrutta dalla soda.

I chelanti invece catturano chimicamente gli ioni di calcio, ferro e rame presenti (si chiamano chelanti proprio perché neutralizzano questi ioni come fa un granchio con la preda con le sue chele). Il nome sequestranti è solo una metafora di tipo diverso, in questo caso l’immagine è di un sequestro di tali ioni.

I chelanti o sequestranti sono sostanze chimiche ( EDTA e citrato di sodio i più comuni ed usati) che vengono aggiunte in piccoli quantitativi al sapone, disciolti nell’acqua della soda. Il più efficace è l’EDTA (0,5 grammi per chilo di oli), il meno efficace è il citrato di sodio, che in pratica è un palliativo.

Io nei miei saponi uso da molti anni sia l’oleoresina di rosmarino come antiossidante che l’acido citrico (che reagisce chimicamente con la soda formando il citrato di sodio, chelante). L’acido citrico lo si può aggiungere sia nella forma in polvere (circa 1,5 g per kg di oli) sia usando succo di limone nel quantitativo di 20 g per kg di oli. Il succo di limone infatti contiene naturalmente un 7-8% di acido citrico al suo interno. E devo dire che da quando uso questa accoppiata non ho più avuto neppure un inconveniente, contrariamente a prima di usarla.