INGREDIENTI DI BASE

Gli ingredienti di base nel sapone naturale sono gli oli ed i grassi, la soda e l’acqua. Cominciamo con una breve panoramica su alcune delle materie grasse di possibile utilizzo.

OLI RICCHI DI ACIDO OLEICO

OLIO D’OLIVA (olive oil)

L’olio d’oliva (Olea europaea) è costituito per il 97-98% circa da trigliceridi di acidi grassi e per 1-1,5% da sostanze insaponificabili, le quali non reagiscono con gli alcali per formare i sali di sapone. E’ presente nell’olio d’oliva anche una piccola percentuale, inferiore al 2%, di acido oleico tal quale che gli conferisce una modesta acidità. Nel sapone questa acidità non è rilevante, anzi aiuta a raggiungere prima il consolidamento dell’emulsione tra i grassi e la soluzione sodica.

Esistono diversi tipi di olio d’oliva in commercio: l’olio extravergine (EVO), che ha un tasso di acidità libera inferiore allo 0,8% ed è prodotto esclusivamente per spremitura meccanica a freddo, l’olio vergine, anch’esso ottenuto per estrazione meccanica a freddo ma con un tasso di acidità libera inferiore al 2%, e gli oli raffinati e di sansa, ottenuti invece per raffinazione mediante procedimento di estrazione con solvente e successiva distillazione per il recupero del solvente e la separazione dell’olio. La denominazione commerciale “olio d’oliva” si riferisce ad una miscela di oli vergini, cioè da spremitura meccanica delle olive, ed oli raffinati, cioè trattati con solvente.

Tutti questi tipi di olio sono utilizzabili per fare il sapone.

L’olio extravergine, usato nel sapone, è secondo me uno spreco perché sottrae tale tipo di olio al consumo alimentare, naturale sbocco di questo prodotto così salutare per l’uomo. Il cosiddetto olio d’oliva invece, che possiamo considerare una specie di sottoprodotto della produzione di EVO, è una buona materia prima per il sapone e, con il suo maggiore contenuto di acido oleico libero, assicura anche un più rapido raggiungimento del nastro rispetto all’EVO. L’olio di oliva però, dato il suo contenuto imprecisabile di oli raffinati, trattati a caldo con solvente idrocarburico, presenta due inconvenienti:

  1. può contenere tracce del solvente, cosa non sempre apprezzabile;
  2. essendo stato trattato a caldo è più problematico riguardo l’irrancidimento possibile del sapone. Questo non implica che il sapone irrancidisca per forza, ma solo che aumenta la probabilità che esso irrancidisca.

L’olio extravergine ed il vergine conferiscono al sapone un colore chiaro tendente al giallo-verde.

Il sapone di solo olio d’oliva fa poca schiuma ma presenta discrete doti pulenti, legate alla buona solubilità dell’oleato di sodio, che ne hanno fatto nei secoli passati, prima dell’introduzione dell’olio di cocco nella preparazione del sapone, il più importante di tutti i tipi di saponi prodotti (si pensi al sapone di Marsiglia ed al sapone di Aleppo). I saponi con prevalente percentuale di olio d’oliva formano la cosiddetta “bavetta” poco piacevole al tatto durante l’uso.

OLIO DI MANDORLA (almond oil)

L’olio di mandorle viene ottenuto dalla spremitura del seme delle mandorle dolci (le mandorle amare invece contengono piccole quantità di acido cianidrico, un potente veleno). Viene a volte utilizzato nella produzione del sapone, con le caratteristiche tipiche degli oli insaturi, anche per le notevoli proprietà eudermiche che esso possiede. Ha un costo notevole che ne condiziona l’utilizzo.

OLIO DI MACADAMIA (macadamia oil)

L’olio di macadamia si ottiene dalla noce della pianta di Macadamia integrifolia. Non provoca problemi di natura allergica in persone sensibili alle noci. E’ emolliente e nutriente per la pelle e possiede inoltre proprietà di stabilizzazione ossidativa che lo rendono adatto ad un utilizzo nelle creme solari.

Può essere adoperato in qualsiasi percentuale nel sapone anche se il suo costo elevato ne consiglia un uso limitato. Il sapone di solo olio di macadamia si comporta all’incirca come un sapone di solo olio d’oliva, ma è più solubile per l’elevato contenuto di palmitoleato di sodio.

La presenza di sostanze insaponificabili fa di questo olio un ingrediente apprezzato, ma piuttosto costoso, comunque sprecato in un sapone.

OLI RICCHI DI ACIDO LINOLEICO

Prima di parlare in dettaglio degli oli che appartengono a questa categoria, cioè tutti gli oli di semi, vale la pena di sottolineare un aspetto che li riguarda tutti: il processo produttivo attraverso il quale essi sono prodotti.

Se infatti gli oli ricchi di acidi grassi polinsaturi sono prodotti con un processo che li sottopone ad elevate temperature, sia per aumentare la resa di estrazione, sia per esigenze proprie del processo (distillazione del solvente col quale l’olio viene estratto) le molecole degli acidi grassi polinsaturi si trasformano chimicamente in nuove molecole che possiedono esattamente gli stessi atomi ma orientati in forma spazialmente diversa. Si formano cioè degli isomeri. Due in particolare sono gli isomeri che ci interessano, quello cis e quello trans (cis vuole dire dalla stessa parte, in quanto gli atomi di carbonio laterali prima e dopo il doppio legame sono dalla stessa parte, mentre trans vuol dire uno da una parte e l’altro dall’altra). Gli isomeri cis dell’acido linoleico e linolenico sono molto salutari e benefici per la salute, mentre quelli trans sono dannosi.

Anche i sali di sapone derivanti da isomeri cis sono profondamente diversi da quelli derivanti da isomeri trans. In particolare i primi possiedono le caratteristiche di delicatezza dei sali di sapone polinsaturi, mentre i secondi si comportano come acidi grassi saturi e quindi danno origine a saponi diversi.

Quindi è preferibile che gli oli di semi utilizzati per il sapone siano stati estratti a freddo. Comunque, dato che gli oli polinsaturi sono particolarmente sensibili ai processi di irrancidimento, per la presenza di numerosi doppi legami nella catena grassa, è consigliabile adoperarne in quantità molto piccole nel sapone, al massimo tra il 5 e il 10%, come riempitivo nella ricetta.

OLIO DI ARACHIDI (peanut oil)

L’olio di arachidi è ricco di vitamina E, dote che comunque nel sapone è ininfluente, ed è uno degli ingredienti normalmente usati, per il suo basso costo.

E’ un buon riempitivo nel sapone, ma va dosato in quantità non rilevanti ed in sapiente accostamento con altri oli che ne completino le qualità positive. L’olio di arachide che si trova in commercio non è quasi mai prodotto con processi di estrazione a freddo.

OLIO DI GIRASOLE (sunflower seed oil)

L’olio di semi di girasole (Helianthus annuus) è prodotto dalla spremitura dei semi di differenti cultivar che hanno contenuti molto diversi dei diversi acidi grassi di cui esso è normalmente composto: in particolare ne esiste una famiglia ad elevato contenuto di acido oleico, composta tipicamente dal 82% di acido oleico, il 9% di acido linoleico ed il 9% di acidi grassi saturi ed una ad elevato contenuto di acido linoleico tipicamente composta dal 20% di acido oleico, il 69% di acido linoleico e l’11% di acidi grassi saturi.

Questa notevole variabilità di composizione tra gli oli normalmente in commercio lo rende abbastanza critico nel suo utilizzo come ingrediente nella produzione di sapone, per l’elevata tendenza all’irrancidimento dell’acido linoleico (che come abbiamo visto può variare dal 9 al 69%).

Occorre quindi, quando si vuole usare questo olio, controllare attentamente la sua composizione in acidi grassi riportata sull’etichetta per sapere con quale olio si ha a che fare.

OLIO DI MAIS (maize/corn oil)

L’olio di mais è estratto dalla spremitura dei semi del mais o granturco (Zea mays) una graminacea originaria del Nordamerica ma oggi molto diffusa alle nostre latitudini. Esso ha una composizione circa intermedia tra le due principali famiglie di oli di girasole, contenendo il 50% circa di acido linoleico, il 33% di oleico ed il 16% circa di acidi grassi saturi, tra cui il preponderante è il palmitico.

OLIO DI VINACCIOLI (grape seed oil)

L’olio di vinaccioli viene estratto dalla spremitura dei semi di uva, preventivamente essiccati. Esistono sostanzialmente tre metodi di estrazione: tramite presse idrauliche o a vite, processo costoso, ma che fornisce il prodotto di migliore qualità, oppure mediante estrazione con acqua calda e successiva decantazione e separazione dell’olio dall’acqua ed infine mediante estrazione con solvente esano, processo economico ma meno sicuro dal punto di vista della qualità dell’olio, che presenta comunque al suo interno delle tracce del solvente.

L’elevato contenuto di acido linoleico ne condiziona la conservabilità, come per tutti gli oli polinsaturi, e va quindi usato con moderazione.

OLIO DI SESAMO (sesame seed oil)

L’olio di sesamo viene estratto dai semi del sesamo e ne mantiene il caratteristico sapore; è molto usato nella cucina orientale. Quello spremuto a freddo è quasi incolore.

Anche per questo olio valgono le considerazioni relative alla sua conservabilità legata al contenuto elevato di acido linoleico.

Oltre agli oli sin qui elencati ne esistono moltissimi altri (olio di lino, olio di canapa, burro di mango, olio di neem, olio di argan, olio di avocado, di jojoba e numerosi altri) dotati di notevoli qualità che li rendono più indicati per utilizzi diversi da quello nel sapone.

 

OLI/GRASSI RICCHI DI ACIDO LAURICO

Pochi sono gli oli fonte di acido laurico, in particolare ricordiamo l’olio di cocco, quello di noccioli di palma e quello di babassu. Gli ultimi due però sono di difficile reperibilità per un saponificatore dilettante per cui prenderemo in esame solo il primo.

OLIO DI COCCO (coconut oil)

L’olio di cocco (Cocos nucifera) è l’ingrediente che ha rivoluzionato la produzione industriale ed artigianale del sapone. Viene estratto dalla polpa bianca del frutto essiccata (copra) ed è praticamente inodore. Può essere anche estratto dalla polpa fresca (olio di cocco vergine) nel qual caso esso mantiene un delicato profumo di cocco. L’olio di cocco vergine ha un costo molto più elevato di quello di copra e trova il suo naturale utilizzo nella cosmesi ed anche nell’alimentazione umana, piuttosto che nella saponificazione.

L’olio di cocco si presenta liquido a temperature superiori a 24°C, mentre solidifica al di sotto di tali valori in forma di una pasta bianca. Per questo motivo alle nostre latitudini sarebbe più corretto definirlo grasso di cocco piuttosto che olio, come comunemente esso viene chiamato, dato che col termine grasso si intende una sostanza solida, mentre, col termine olio, una liquida. In commercio esso si può trovare anche nella forma idrogenata, piuttosto scadente, nella quale i doppi legami degli acidi grassi insaturi che esso contiene in modesta quantità sono stati rotti in presenza di idrogeno, formando solo acidi grassi saturi.

Esiste infine in commercio un olio di cocco frazionato, derivato dal normale olio di cocco, che contiene solo la frazione leggera degli acidi grassi del cocco (caprilico (C8) 40-45%, caprico (C10) 40-45% e laurico (C12) 2-3%), utilizzato prevalentemente in cosmesi.

La frazione totale di acidi grassi saturi nell’olio di cocco raggiunge l’87%.

L’olio di cocco permette di ottenere, in miscela con gli altri oli/grassi ricchi di acido oleico, per via del suo elevato tenore di acido laurico che forma la miscela eutettica con l’acido oleico (vedi più avanti il significato), un sapone solubile con un’abbondante schiuma bianca e cremosa ed un notevole potere lavante, fattori, questi ultimi, che ne fanno uno degli ingredienti più utilizzati nella produzione dei saponi.

E’ VERO CHE IL COCCO SECCA LA PELLE?

L’olio di cocco gode di una cattiva fama nel mondo del sapone artigianale, quella di seccare la pelle se usato oltre il 30% nella ricetta. Questa fama è del tutto ingiustificata: quello che secca la pelle è solo l’eventuale soda non reagita che resta nel sapone. Anzi, come vedremo nel capitolo sul pH dei saponi, i sali di sapone derivanti dal cocco sono tra i meno basici e quindi sono meno aggressivi.

Come è nata quindi questa immeritata fama? Occorre imparare ad usare l’olio di cocco nel sapone, dato che esso possiede una caratteristica particolare: esso stratifica nel recipiente che lo contiene. Il cocco infatti è composto di acidi grassi prevalentemente saturi che vanno dai più corti C8 (caprilico), C10 (caprico) e C12 (laurico) sino al C18 (stearico). I più leggeri (C8, C10 e C12) hanno una densità inferiore a quella dei più pesanti (C16 e C18). Quindi quando il cocco è liquido in un recipiente i grassi leggeri si dispongono in alto, mentre quelli più pesanti si dispongono in basso, proprio come quando in un contenitore versiamo acqua ed olio: l’acqua più pesante dopo un po’ si posiziona in basso, mentre l’olio più leggero galleggia in alto.

Sin qui non ci sarebbe nulla di strano. In realtà invece accade che il SAP dei trigliceridi ricchi in acidi grassi a catena più corta (da C8 a C12) è molto più elevato di quello dei trigliceridi a catena più lunga. Quindi la parte alta del recipiente di cocco solidificato avrà un SAP più elevato (superiore a 0,2), mentre quella bassa un SAP di gran lunga inferiore (inferiore a 0,14).

Se noi liquefiamo solo parzialmente il cocco solido si scioglierà per prima la parte bassa, a contatto col calore, e quindi quando preleveremo olio di cocco liquido questo avrà un SAP intorno a 0,14-0,15, mentre noi useremo un valore del SAP molto superiore (0,176) per calcolare la quantità di soda, col risultato che il nostro sapone sarà caustico ed il povero cocco inconsapevole se ne addosserà la colpa.

Quanto maggiore è la percentuale di cocco nel sapone tanto più questo errore potrà contribuire ad avere soda non reagita nel sapone: per questo, nel mondo del sapone, sono in molti a suggerire di tenere bassa la percentuale di cocco nella miscela, sotto il 10, 20 o 30% a seconda delle “scuole di pensiero”.

Come dobbiamo invece comportarci? Dobbiamo liquefare completamente il cocco, versarlo in una capace pentola e miscelarlo accuratamente in modo da rompere la stratificazione. Possiamo quindi adoperarne la parte che ci serve per fare il sapone, mentre la parte restante sarà travasata in tanti piccoli contenitori. In ogni caso ogni volta che useremo il cocco di un contenitore, grande o piccolo che sia, occorrerà liquefarlo tutto, miscelarlo ed utilizzarne la quantità che ci occorre.

Se useremo questa semplice procedura il nostro cocco non seccherà mai la pelle, anzi ci restituirà saponi morbidi e delicati, per via della miscela eutettica che si sarà formata. Faccio saponi con contenuto di cocco dal 35% al 65% da parecchi anni e non ho mai avuto problematiche di pelle seccata dal sapone, anzi personalmente ho trovato più aggressivo sulla pelle, e sopratutto sui capelli, il sapone di solo oliva.

Ovviamente questa procedura dovrà essere stata seguita anche dal nostro fornitore, altrimenti sarà lui a fornirci un olio di cocco fuori specifica. Quindi approvvigioniamoci di olio di cocco solo da fornitori professionisti che sanno fare il loro mestiere.

OLI/GRASSI RICCHI DI ALTRI ACIDI GRASSI SATURI

OLIO DI PALMA (palm oil)

L’olio saturo più conosciuto nella produzione di sapone, dopo l’olio di cocco di cui si è parlato in precedenza, è quello di palma, che dà saponi duri, senza particolari caratteristiche e con una schiuma cremosa. In particolare l’olio di palma rosso, estratto a caldo in maniera artigianale in molti paesi africani, colora di rosso il sapone.

L’olio di palma bianco invece è stato decolorato e deodorizzato e produce saponi candidi.

La palma cosiddetta africana è spontanea in tutta l’Africa tropicale. Essa produce grappoli di noci rosse e nere che vengono staccate, messe a bollire in grossi fusti di metallo, all’interno dei quali può girare un palo di ferro dotato di grossi denti posizionati ortogonalmente al palo. Questo viene girato a mano, durante la cottura, spappolando la polpa delle noci. L’olio fuoriesce e galleggia sull’acqua: può quindi essere recuperato ed utilizzato. E’ rosso, denso, con tendenza a solidificazione a temperature inferiori ai 20°C, e molto saporito. Si trova facilmente nei negozi etnici forniti.

L’olio di palma contiene importanti percentuali di acido linoleico (8-10%); quest’ultimo ne fa una fonte importante di acidi grassi essenziali, del tipo omega 6, per le popolazioni delle aree tropicali ed equatoriali, se non l’unica.

La composizione in acidi grassi dell’olio di palma fa sì che esso, assieme all’olio di cocco, partner indispensabile, sia uno dei migliori oli per fare il sapone: il suo contenuto in acido oleico (circa 50%) contribuisce assieme all’acido laurico del cocco a formare la miscela eutettica (vedi capitolo sulla solubilità del sapone). Il contenuto elevato di acido palmitico fornisce cremosità alla schiuma ed un pH non troppo elevato, rispetto ad altri grassi saturi ricchi invece in acido stearico (karitè, strutto, sego). Inoltre l’olio di palma bianco può essere dosato in qualsiasi percentuale nel sapone senza creare problemi di odore (cosa che creerebbero invece i grassi saturi “concorrenti” tipo burro, strutto e sego di bue).

Io nei miei saponi uso sempre (con pochissime eccezioni, ad esempio per fare sapone per bucato), assieme all’olio di cocco, olio di palma biologico proveniente dal mercato RSPO acquistato da Aroma-zone. E’ un olio ottenuto senza deforestare, proveniente da palme coltivate in maniera naturale.

BURRO (butter fat)

Un ingrediente poco utilizzato ma molto valido nella produzione di sapone è il burro: il suo limite è la presenza nel suo interno di acido butirrico che, in dosi elevate, conferisce il tipico odore di rancido. Per questo motivo quindi è consigliato non eccedere, con questo ingrediente, il 5-10% del totale degli oli e grassi, anche se ci sono comunque persone che non gradiscono proprio l’odore del burro nel sapone. Entro questi limiti il burro è un grasso che conferisce al sapone una ottima consistenza e durezza, ed una buona cremosità della schiuma.

Esso contiene circa il 15% di acqua, un 82-83% di materia grassa ed un 2% di sostanze proteiche e carboidrati.

Quando si utilizza il burro come ingrediente, dopo averlo pesato bisogna suddividerne il peso in due componenti: la parte di grasso che si calcola sulla base della percentuale di materia grassa riportata sulla confezione (es. 100 gr di burro al 83% contengono 83 gr di materia grassa) e sulla quale si calcolerà il quantitativo di soda, e la parte di acqua, pari al 15% del burro tal quale (15 gr nell’esempio di prima). Di quest’ultimo quantitativo di acqua bisognerà tenere conto quando si dovrà calcolare la quantità di acqua in cui sciogliere la soda.

In alternativa si può preparare in casa il burro chiarificato, composto della sola parte grassa del burro, secondo le antiche ricette della tradizione ayurvedica (il cosiddetto ghee): secondo tale medicina il ghee, oltre a perdere gli aspetti negativi del burro, acquisisce un ruolo veramente positivo nel mantenimento dello stato di salute. Quindi esso può avere innanzitutto un uso alimentare e salutistico ed in secondo luogo può essere usato per fare il sapone senza dover ricorrere a calcoli aggiuntivi relativi all’acqua ed alla soda.

Per fare il ghee occorre scaldare il burro (minimo 250 gr) a fuoco molto basso in un pentolino sino a che si forma una schiuma biancastra abbondante che andrà tolta poco alla volta con un cucchiaio. Procedendo nella cottura si formerà una seconda schiuma meno abbondante che si procederà ancora a separare col cucchiaio.

Si formerà infine una terza schiuma, formata da bollicine poco dense, che andrà tolta, sempre poco alla volta, col cucchiaio.

Rimarrà alla fine nel pentolino un liquido giallastro abbastanza trasparente che andrà cotto sino a che comincia appena ad imbrunire. Per tutta l’operazione sono necessari almeno 20-25 minuti.

A questo punto si toglie il pentolino dal fuoco e si filtra su una tela all’interno di un recipiente di vetro munito di coperchio. Il ghee si conserva nel frigo per un tempo molto più lungo del burro: nel processo di chiarificazione infatti il ghee perde tutta l’acqua e la parte proteica (circa il 2%) originariamente contenute nel burro, risultando alla fine composto praticamente solo della parte grassa. Si ottengono circa 65 grammi di ghee ogni 100 grammi di burro utilizzato in partenza.

SEGO DI BUE (beef tallow)

Uno dei migliori grassi saturi palmitici a nostra disposizione è il sego di bue o di mucca, che si ottiene dalla bollitura del grasso di questi animali, facilmente reperibile nelle macellerie a costi davvero irrisori. Il procedimento per produrlo, preferibilmente durante il periodo invernale, è semplice: si taglia a pezzetti il grasso e lo si pone in una capace pentola con circa il doppio in peso di acqua, un paio di cucchiai di sale, un bicchiere di aceto ed aromi vari, portando lentamente a bollore. Si continua la cottura sino a quando il grasso non si è completamente sciolto.

A questo punto si mette a raffreddare, per fare solidificare il grasso che stratifica nella parte alta della pentola, all’esterno (nel periodo invernale) o nel frigorifero. Quando il grasso è solidificato può essere separato facilmente dall’acqua con un cucchiaio e messo in un recipiente di vetro a chiusura ermetica nel quale esso si conserverà al fresco per lungo tempo (inferiore all’anno).

Il procedimento descritto toglie dal grasso il suo tipico odore forte, rendendolo utilizzabile per fare il sapone.

Il sego ha un basso numero di iodio ed una variabilità piuttosto ristretta del SAP, inoltre produce una schiuma cremosa, ha un buon potere pulente e contribuisce a dare saponi duri e compatti. E’ bene però non superare il 20% nella ricetta del sapone con tale ingrediente a causa del fatto che esso contiene acido stearico che dà sali di sapone poco solubili, responsabili delle incrostazioni saponose nei tubi di scarico. Al di sotto di tali percentuali il sego si può utilizzare senza alcun problema in ogni tipo di sapone.

STRUTTO (lard)

Lo strutto è il grasso che si produce dal lardo di maiale con un procedimento del tutto eguale a quello visto per il sego. Esso fornisce saponi compatti, con un buon potere pulente ed una buona cremosità della schiuma. Lo strutto si può acquistare già pronto nei supermercati.

Non bisogna eccedere nell’uso restando entro il 20% del totale oli in ricetta per gli stessi motivi esaminati a proposito del sego.

BURRO DI CACAO (cocoa butter)

Il burro di cacao è un grasso che si estrae dai semi del cacao tramite pressatura ad alte temperature. Esso possiede diverse forme cristalline che hanno temperature di fusione variabili da 17 a 35°C. E’ un prodotto emolliente che trova un notevole impiego in cosmesi. Utilizzato nel sapone al di sotto del 10% gli conferisce una buona consistenza, mentre in percentuali superiori lo rende friabile.

BURRO DI KARITE’ (sheanut butter)

Il burro di karitè è estratto dai semi di un albero (Butyrospermum parkii) che cresce nella parte centrale dell’Africa. Contiene dal 4 al 10% di sostanze insaponificabili grazie alle quali esso possiede notevolissime proprietà cosmetiche, è emolliente, filtra i raggi solari e protegge quindi dalle scottature, ed infine mantiene l’elasticità della pelle. Per questo ultimo motivo questo ingrediente è particolarmente indicato nella preparazione di un buon sapone, dato che gli insaponificabili non vengono modificati durante la reazione di saponificazione. Di converso la sua elevata variabilità di composizione in acidi grassi rende piuttosto incerta l’attendibilità del SAP relativo a questo ingrediente (intervallo di variabilità tra minimo e massimo del 11% circa) fatto che ne consiglia un utilizzo in ricetta al di sotto del 10%.

OLI RICCHI DI ACIDO RICINOLEICO

Un solo olio contiene l’acido ricinoleico: l’olio di ricino (castor oil). L’olio di ricino viene estratto dai semi del Ricinus communis. Contiene circa il 90% di acido ricinoleico, un ossiacido. Ha proprietà ammorbidenti importanti e consigliabili in caso di capelli secchi, sfibrati e spezzati. Infatti l’olio riesce a riequilibrare il quantitativo di grasso nei capelli (che si perde soprattutto nel fusto e nelle punte) prevenendo il loro spezzarsi e soprattutto evitando il formarsi delle doppie punte. Per il basso valore di pH dell’acido ricinoleico è consigliabile una miscelazione con olio di mandorle dolci, in ragione di due parti di quest’ultimo per ogni parte di olio di ricino. La sua caratteristica più importante nella preparazione del sapone è la schiuma, veramente abbondante, che esso produce. Va però dosato al massimo entro il 10% della miscela perché tende a fare rapidamente ammassare il composto dato che l’acido ricinoleico è uno dei più rapidi a reagire.

Dopo l’elencazione di questi ingredienti così preziosi per la realizzazione di un sapone, prendiamo ora in rassegna due ingredienti molto umili, spesso tenuti in secondo piano da coloro che lo fabbricano, anche se sono ambedue fondamentali: l’idrossido di sodio e l’acqua.

L’IDROSSIDO DI SODIO

L’idrossido di sodio NaOH è l’alcali utilizzato per preparare saponi solidi, mentre quello di potassio KOH è utilizzato per i saponi liquidi.

Col termine soda intendiamo riferirci all’idrossido di sodio, per semplicità. Purtroppo esiste anche la denominazione commerciale “soda” riferita al carbonato di sodio Na2CO3, la cosiddetta “soda Solvay”, che può indurre ad equivocare sui termini, anche per il fatto che anticamente, fino all’invenzione dell’elettrolisi per la produzione della soda caustica da cloruro di sodio, per fare il sapone si utilizzava appunto il carbonato di sodio ottenuto col processo Solvay.

Qual è il ruolo della soda? Lo ione sodio, fortemente elettropositivo (cioè dotato di carica positiva) si attacca al gruppo acido che abbiamo visto costituire una delle due estremità di una molecola di acido grasso, andando a sostituire l’atomo di idrogeno e creando quindi una molecola di sapone del tipo R-COONa dove R è la catena di atomi di carbonio dell’acido grasso. A questa testa carica positivamente vanno ad attaccarsi le molecole di acqua, consentendo quindi la formazione delle micelle e quindi la “solubilizzazione” del grasso all’interno della micella. Senza il sodio, e quindi senza la soda, il sapone non potrebbe funzionare, i grassi non si scioglierebbero affatto nell’acqua e ci troveremmo la pelle unta da questi grassi invece che la pelle lavata dalle sostanze grasse come fa il sapone.

La soda è il uno dei più potenti alcali: essa è aggressiva chimicamente a contatto con molti materiali quali vetro comune, ferro, alluminio, rame, acciai al carbonio o anche inossidabili di bassa qualità, mentre non attacca materiali come Pyrex (vetro resistente al calore trattato con ossido di boro), politene, PVC, polipropilene o acciai inossidabili 18/10 (18% nichel e 10% cromo).

A contatto con la pelle la soda produce immediatamente ustioni pericolose e quindi richiede accorgimenti di sicurezza quando la si utilizza. In particolare schizzi di soda sugli occhi possono comportare la cecità o comunque irreversibili danni alla vista.

La soda è un materiale fortemente igroscopico, cioè assorbe umidità dall’aria idratandosi rapidamente ed inoltre reagisce con l’anidride carbonica dell’aria (CO2) carbonatandosi cioè si trasforma in carbonato di sodio. Per questi motivi essa va conservata all’asciutto in recipienti ben chiusi: in queste condizioni protette un barattolo di soda da 750 gr, come quelli usualmente in commercio, dura tranquillamente un anno, conservando abbastanza integre le sue caratteristiche.

Sciolta in acqua, la soda sviluppa molto rapidamente calore nel quantitativo di circa 250 Kcal/kg, cioè, tanto per avere un’idea approssimativa, 1 kg di soda, sciolto in acqua, sviluppa il calore necessario per portare circa 420 gr di acqua fredda all’ebollizione e farli evaporare completamente!

Per questo motivo, quando si prepara una soluzione di soda in acqua, bisogna sempre versare la soda nell’acqua, a poco a poco, e mai viceversa versare l’acqua sulla soda, come si vede qualche volta fare su qualche video improvvisato da pasticcioni su internet, se si vogliono evitare pericolosi schizzi di sostanza caustica con conseguente pericolo di ustioni chimiche.

Utilizzando comunque gli accorgimenti di sicurezza, sciogliere la soda in acqua è un’operazione sicura ed abbastanza semplice e richiede poco più di un minuto: si raggiungono temperature dell’ordine di 95°C in assoluta sicurezza. Se la temperatura di soluzione invece raggiunge valori più bassi di 85°C vuol dire che o la soda si è carbonatata, oppure che il suo titolo è basso e quindi essa è fuori dalla nostra specifica di utilizzo.

La soda è molto solubile in acqua e la sua solubilità varia in funzione della temperatura, dal valore di 51 gr per 100 gr di acqua a 10°C al valore di 347 gr per 100 gr di acqua a 100 °C. Alle concentrazioni normali di utilizzo nel sapone (dal 29 al 45% di soda in acqua) la sua soluzione può presentare problemi di solubilità solo a temperature inferiori a 30°C (la soluzione si satura e parte della soda si deposita indisciolta sul fondo).

Essa si trova in commercio con purezza 98-99%, cioè praticamente anidra, in forma di piccole perle o di minuscole scaglie, nei colorifici (viene infatti utilizzata anche per togliere la vecchia vernice da superfici in legno o metallo). Il complemento a 100 della purezza è costituito da acqua e da sali ricchi di ferro, rame e calcio. La soda in perle è meno polverosa di quella in scaglie.

L’ACQUA

Per sciogliere la soda si utilizza l’acqua. L’acqua non partecipa alla reazione di saponificazione, essa è solo un veicolo per sciogliere la soda e creare così l’ambiente fortemente basico nel quale avviene prima la rottura dei trigliceridi in glicerina ed acidi grassi e successivamente la reazione tra acidi grassi e soda.

L’acqua quindi resta intrappolata all’interno del sapone, a meno di piccoli quantitativi che si perdono, sia per evaporazione durante la dissoluzione della soda che durante la reazione di saponificazione, per effetto del riscaldamento della massa dovuto all’esotermicità della reazione stessa.

Durante il successivo periodo di stagionatura (in genere compreso tra le 4 e le 8 settimane) parte dell’acqua che il sapone ingloba evapora. In un sapone ben stagionato il quantitativo di acqua presente varia dal 10 al 13%.

L’acqua che si deve utilizzare per fare il sapone non è però quella del rubinetto, bensì acqua distillata e degasata ovvero demineralizzata o infine anche osmotizzata, cioè filtrata dai sali minerali mediante una membrana osmotica. Può andar bene anche l’acqua che si raccoglie nei condizionatori o nei deumidificatori, previa bollitura e successivo raffreddamento.

La presenza nell’acqua di ioni di calcio e di metalli, in particolare rame e ferro, crea infatti problemi, in quanto tali sostanze catalizzano le reazioni chimiche tipiche dei processi di irrancidimento ossidativo degli acidi grassi presenti nei saponi, cioè le facilitano.

Quindi, oltre ad utilizzare particolari attenzioni nella scelta degli oli, per contrastare questo fenomeno, è prima di tutto necessario utilizzare acqua che non contenga sali disciolti.

L’acqua può essere utilizzata tal quale oppure preventivamente bollita per fare tisane di erbe, thè, caffè ecc. da utilizzare quando sono raffreddate per sciogliere la soda. Quest’ultima attacca chimicamente qualsiasi sostanza sia disciolta nell’acqua, annullandone pressoché completamente qualsiasi effetto eudermico. Comunque il profumo resta sempre nel sapone e poi alcune tisane (thè, caffè, calendula, ortica, ecc.) riescono a colorare leggermente il sapone, anche se il colore in questo caso ha una durata abbastanza breve, circa 2 o 3 mesi, scomparendo rapidamente nel tempo. Per inciso l’infusione di karkadé, che ha un bellissimo colore rosso rubino, non colora affatto il sapone.

Al posto dell’acqua o meglio in parziale sostituzione della stessa in percentuale del 50% si possono utilizzare anche succhi freschi che si ottengono mediante una centrifuga (carote, sambuco, more) per colorare il sapone, tenendo comunque presente che il sapone ottenuto avrà una durata ridotta nel tempo (4-6 mesi circa).

Si può usare, al posto dell’acqua, anche il latte, il latte di soia, di mandorle, di riso ecc., avendo l’accortezza di congelarli preventivamente nel congelatore ed utilizzarli grattugiati e ghiacciati per sciogliere la soda in modo da contenere la temperatura di dissoluzione ed impedire la formazione e la fuoruscita di schiume. Anche queste sostanze, come i succhi vegetali visti prima, accorciano la durata dei saponi, per motivi analoghi ed in particolare il latte, ricco di calcio.